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Il lucurione

    Ranco torna a casa stanco da una lunga giornata di lavoro, ma è felice, perché sa che sua moglie Laudia ha preparato il lucurione per cena. È da tanto che vuole assaggiarlo e finalmente sono riusciti a comprarlo. Appena entra in casa, Laudia toglie il lucurione dal forno, ben cotto, con una leggera crosta bruciacchiata.
    Ranco si lamenta con Laudia che è bruciato, i toni si alzano in un attimo. Poi un silenzio teso. Runo, il figlio, non ha mai visto il lucurione e ne ha paura, dice che lui non lo vuole. Ranco si arrabbia anche con Runo, in un crescendo che termina con il bambino che urla «Mi fa schifo il lucurione!» e il padre che gli dà un ceffone. Laudia interviene difendendo il bambino, ma Ranco insiste: «Se non mangi il lucurione viene nonno Arco e ti mangia». Laudia si arrabbia, dice che la minaccia è diseducativa, che Ranco ci tiene più al lucurione che a lei, a suo padre e a suo figlio. Lui alza la voce innervosito e lei grida che vuole divorziare, lanciando piatti e stoviglie.
    Un piatto colpisce Ranco alla testa, uccidendolo all’istante. Un coltello ferisce Runo, riducendolo in fin di vita. Laudia cerca di salvarlo con l’acqua ossigenata ma non c’è niente da fare, così infila la testa nel forno e si suicida. Dopo aver atteso il silenzio della fine il lucurione, come ogni volta, si alza compostamente e se ne va.

    Apparso sul Multiperso il 23 maggio 2022
    Pubblicato in Multiperso, antologia di microfinzioni a cura di Carlo Sperduti, Pièdimosca Edizioni, 2023

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